Scheda 17
La regalità femminile
Come il faraone, la madre del re e la sua "grande sposa reale" si distinguono dal resto degli esseri umani per gli emblemi presi a prestito dagli dei. Esse portano la corona nekhbet, l'ureo, la doppia piuma, il segno ankh, che contraddistinguono il loro aspetto divino. Studi recenti hanno messo in luce che tali attributi riflettono l'intimità eccezionale che le donne della famiglia reale avevano con il figlio degli dei e dimostrano che esisteva una controparte femminile del concetto divino della monarchia faraonica. Così, sotto il regno di parecchi sovrani (Amenofi IlI, Akhenaton, Ramesse lI), testi e rappresentazioni rivelano che la coppia reale era interpretata come l'immagine terrestre di una coppia divina di carattere solare, Ra, e Hathor-Maat. Lungi dall'essere priva di valore, la presenza della regina a fianco dello sposo, compia esso i riti o eserciti il potere, traduce una teologia in cui la sposa reale è solidale con il faraone come garante dell'equilibrio del mondo. Attraverso i numerosi titoli di cui si fregiano ufficialmente le regine del Nuovo Regno, si disegnano gli aspetti femminili della monarchia con richiami mitici della regina definita "Figlia degli Dei", "Compagna del dio Horus" o "Signora del cielo"; l'importanza del suo ruolo di partner sessuale: "dolce d'amore", "che riempie il
palazzo della sua bellezza" e "che rallegra il cuore del re"; le sue numerose funzioni rituali come sacerdotessa, declamatrice, musicista; il suo legame di parentela con il faraone: è "madre del re", "sposa del re", "sorella del re" o "figlia del re"; infine, la condivisione del potere rivelata da epiteti quali "Signora delle Due Terre", "Sovrana dell'Alto e Basso Egitto".
Uno degli emblemi più specifici delle regine è l'acconciatura nekhbet, copricapo a forma di avvoltoio dalla testa eretta le cui ali avvolgono il volto di chi la porta. Questa corona, indossata in origine da Nekhbet, dea dell'Alto Egitto, divenne nel corso dei secoli l'attributo di numerose divinità femminili. Adottata dalle regine a partire dalla IV Dinastia, essa sarà portata durante tutto il periodo faraonico. La testa del rapace è talvolta sostituita da un ureo. Il cobra, simbolo del potere faraonico, può essere raffigurato solo sulla fronte delle sovrane. Nel Nuovo Regno ne esistono molte varianti: hathorico, unito a un disco solare sorretto da due corna; doppio ureo, talvolta associato alla testa di avvoltoio. Le regine possono ornarsi di altre acconciature come il modio sormontato da due alte piume, attributo abituale degli dei maschili Min e Amon, o le due corna di Hathor e di Iside-Sothi che incorniciano il disco solare. Questa complessità iconografica rafforza l'accento posto sul carattere solare delle sovrane e sulla loro assimilazione alla dea Hathor. Quanto al simbolo di vita ankh, appannaggio degli dei e dei re, contribuisce a collocare fuori della sfera umana le donne che lo stringono in mano. A immagine del loro sposo reale, esse possono mostrare un aspetto più virile: così Teye, rappresentata come una sfinge, calpesta i nemici.
Le scene di culto del Nuovo Regno mostrano di frequente le regine intente a compiere i riti accanto al faraone. Facendo uso del loro fascino per cattivarsi gli dei, esse agitano ritmicamente alcuni strumenti musicali: i sistri, sorta di sonagli sacri, la cui musica placava e rallegrava le divinità; i menat, i cui fili di perle scossi producevano un rumore gradevole alle orecchie divine. Offerti agli dei, tali oggetti costituivano un pegno di rinnovamento e rafforzavano la seduzione della loro proprietaria, che i testi descrivono come "Signora del sistro", "Dama della menat", "le cui mani pure reggono il sistro per incantare il padre Amon con il suono della sua voce...". Un evento religioso importante era lo Heb-Sed o la festa del giubileo reale. Le rare rappresentazioni conservate, alcuni bassorilievi a Tebe e a Soleb per Amenofi III, un'altra serie a Bubasti per Osorkon III, concedono largo spazio alla grande sposa reale: Teye vi compare dietro il suo sposo Amenofi III "come la dea Maat accanto al dio Ra". Questa assimilazione fra la coppia reale e la coppia divina che presiedette alla creazione del mondo è rafforzata alcuni anni dopo, all'epoca di Amarna, durante la quale la bella Nefertiti è onnipresente accanto ad Akhenaton: nelle scene religiose in cui il culto sembra cocelebrato dal re e dalla regina accompagnati dalle loro figlie, nelle scene ufficiali in cui i due sposi ricevono insieme l'omaggio dei paesi stranieri, nelle scene della vita privata in cui la coppia reale è raffigurata teneramente allacciata o intenta a scambiarsi un bacio. L'ostentata manifestazione dell'amore che unisce gli sposi assume qui un valore universale e diventa la manifestazione dell'energia creatrice del demiurgo, pegno di rinnovamento del mondo terrestre.
Due dei templi meglio conosciuti del Nuovo Regno, quello di Hatshepsut a Deir el-Bahari e quello di Luxor, offrono una serie di bassorilievi in cui la regina riveste un ruolo di capitale importanza. Alcuni blocchi provenienti dal Ramesseo attestano un ciclo identico per la nascita di Ramesse II
Illustrano tutti l'unione della grande sposa reale con il dio Amon e la nascita "divina" del faraone. Tali scene dette di "teogamia" non hanno senza dubbio la stessa portata: sembra che a Deir el-Bahari la "nascita divina" conferisca una certa legittimità alla presa del potere da parte di Hatshepsut, mentre quella di Amenofi III, raffigurata a Luxor, non si inserisce in un contesto storico particolare. Il tema e gli attori rimangono però gli stessi: testi e immagini descrivono l'arrivo a palazzo del dio Amon che appare alla regina con le fattezze del faraone regnante, il profumo del dio che desta la bella dormiente e rivela la sua natura divina, l'amore che infiamma il cuore della regina, la sua unione con il dio, la sua gravidanza, infine la nascita dell'erede e il suo riconoscimento solenne da parte del padre Amon. Sotto questa forma, il rituale della nascita reale fa intervenire Amon, grande dio di Tebe e porta il marchio di questa regione; ma le sue origini risalgono alle epoche più antiche. Un racconto, la cui trama si colloca al tempo delle piramidi, ci ha conservato la storia prodigiosa dei primi tre re della V Dinastia: qui è il dio sole Ra, che, con un sotterfugio, si unisce alla giovane sposa di uno dei suoi sacerdoti; alla fine di un parto laborioso, costei mette al mondo tre bimbi, designati da una serie di prodigi come futuri sovrani. Nel Nuovo Regno, è tramite la regina dell'Egitto che si esprime la doppia natura, umana e divina, del faraone e del figlio reale.
Il ruolo di sposa divina, teoricamente sostenuto dalla regina madre, poteva essere rivestito da altre donne della famiglia reale. Durante la XVIII Dinastia, il titolo di "sposa del dio" si trasmetteva da una sposa reale all'altra. Spesso accompagnato dai titoli di "divina adoratrice di Amon" e di "mano del dio", in riferimento a uno dei miti egiziani della creazione, esso designava una funzione liturgica. Ahmose Nefertari, sposa di Ahmosi e madre di Amenofi I, fu la prima a esercitare questo sacerdozio, che faceva di lei la sposa terrestre del dio Amon. Con la musica, i canti e le danze, le offerte, i riti purificatori e magici, essa doveva "rallegrare il cuore del dio" e scacciare le forze malvagie, contribuendo così a mantenere l'ordine universale. Dotata di una tenuta le cui dimensioni aumentarono con il tempo, la sposa del dio aveva a disposizione un numeroso personale comprendente un collegio di sacerdotesse che l'assistevano durante le cerimonie. Il titolo fu portato ancora da alcune regine all'epoca ramesside. Alla fine del Nuovo Regno, la divina adoratrice era scelta fra le figlie di re. Sposata con il solo dio Amon, era allora votata al nubilato e sceglieva sua "figlia" fra le principesse della casa regnante.
Fine