Scheda 1
L’Origine delle Divinità
Una panoramica interessante sulle ipotesi che tentano di chiarire l’origine e l’evoluzione delle divinità egizie, sino agli attuali sviluppi dettati dalle ricerche archeologiche.
Teorie in evoluzione
Victor Loret sosteneva che gli dei egizi erano antichi emblemi di clan elevati alla condizione di divinità.
Emile Amélineau pensava che gli dei egizi fossero, in origine, degli antenati. Il loro culto si sarebbe identificato con quello dell'animale totemico, immagine della collettività, finché nacque la concezione di un dio supremo dalle manifestazioni diverse. Alexandre Moret ritrova l’origine degli dei dell'Egitto nelle insegne dei “nomi”. Il re è figlio dell'animale totem, esso stesso in relazione con una forza diffusa impersonale e collettiva. I responsabili del culto crearono delle immagini e in seguito dei nomi divini, infine, i teologi idearono le divinità universali. I vari centri religiosi che appoggiarono forze politiche e teologiche diverse e in particolare quella di Eliopoli, si imposero a tutto il Paese. Kurt Sethe, seguendo Adolf Erman, rifiutò la tesi del totemismo: secondo lui gli dei, antichi feticci animali, adottarono un corpo umano all'inizio dell'età storica divenendo antropomorfi. Gustave Jéquier andò più lontano e nel 1946 sviluppò la teoria delle tre età della religione egizia: feticista, zoolatrica, antropomorfa. Hermann Kees più prudentemente rifiutò questi schemi,
considerando gli dei egizi come forze della natura divinizzate a livello locale. Ogni dio locale è destinato a diventare un dio universale grazie al lavoro dei teologi che sostengono il potere politico.
Henri Frankfort sosteneva che la più antica forma di divinità è umana e il dio resta padrone delle forme in cui appare. Per Siegfried Morenz, la nascita degli dei è possibile solo quando l'individuo giunge a distinguersi dal proprio ambiente e a porsi di fronte alla natura; a questo stadio di differenziazione le forze diffuse diventano persone attive le cui azioni sono descritte dal mito.
Tutte queste differenti vedute, peraltro di grandi egittologi, confermano la complicata e difficile interpretazione e origine delle divinità dell’antico Egitto, formulazioni molto affascinanti ma difficili da dimostrare.
I dati archeologici
Le prime attestazioni degli dei d'Egitto in quanto tali non risalgono oltre l'epoca thinita (3185-2715), ma i segni di una credenza a un mondo che si prolunga oltre la morte sono ben sviluppati già in epoca predinastica (5500-3500), dove i corpi dei defunti messi in posizione rannicchiata sono collocati sul fianco con la testa verso sud e la faccia rivolta a occidente. Vicino al defunto erano deposti vasi riempiti di cereali e altri cibi, allo scopo di assicurare la sua sopravvivenza. Un po' più tardi, delle statuette femminili cominciarono ad accompagnare il defunto. Nell'epoca detta di Naqada II (3800-3300 a.C.) il defunto ha come corredo dei vasi con decorazioni figurate. In queste immagini sono state viste delle raffigurazioni di villaggi fortificati, di fattorie per l'allevamento di struzzi o, più recentemente, dei templi su palafitte; oggi sembra accertato che si trattasse di rappresentazioni di imbarcazioni. È, in ogni caso, difficile determinarne la natura e la funzione, dato che non è possibile stabilire se si tratti di barche funerarie, regali o divine. Sulla “cabina” raffigurata spiccano delle insegne che sono state accostate a simboli di divinità conosciute in epoca faraonica. Fra una trentina di emblemi, solo due simboli divini sono riconoscibili: la “folgore” del dio Min e le frecce incrociate della dea Neith. A queste divinità si può forse aggiungere Ra (un disco solare), Horus (un falco) e Hathor (due corna bovine). Gli altri emblemi sono elementi vegetali, raffigurazioni di montagne o animali e altri segni di difficile interpretazione. Dato importante, è la rarità dei simboli animali, cosa singolare se si pensa che molto più tardi, intorno al 3300 a.C., cani e gazzelle venivano sepolti in uno speciale cimitero a Eliopoli.
Attuali sviluppi
Oggi sembra accertato che durante i periodi noti come Naqada II e Naqada III, l'Egitto fosse culturalmente più strutturato di quanto si ritenesse in passato. Sono stati rilevati dei segni di attività commerciale, in particolare di prodotti minerali e cereali. Le città appaiono essenzialmente come punti di organizzazione economica e già Henri Frankfort aveva avanzato l'ipotesi che i capi di questi gruppi fossero investiti di un potere religioso o di un potere “magico”. B. G. Trigger sostiene che le divinità e i culti di queste comunità su base economica costituivano un elemento di identità di fronte a un potere centrale. Le tombe predinastiche di Hieraconpolis in Alto Egitto - la città del falco Horus -costituirebbero le sepolture di sovrani locali, la cui prosperità sarebbe dovuta allo sfruttamento dell'oro del deserto orientale.
Attualmente si ritiene che l'unificazione dell'Egitto sotto un unico sovrano abbia potuto compiersi nel corso di una sorta di periodo intermediario di 150 anni (3300-3150 a.C.), la cosiddetta “dinastia zero” che segue il periodo Nagada III e precede la I dinastia.
La vecchia visione di due sovrani contrapposti, l'uno re del Delta, l'altro signore dell'Alto Egitto, che si sarebbero disputati il dominio del Paese e la lotta tra i quali starebbe all'origine del mito di Horus e di Seth è oggi seriamente contestata. La nozione del “Paese Doppio” potrebbe essere semplicemente una delle conseguenze di un'ideologia teocratica. L'opposizione tra Horus e Seth sarebbe il riflesso della rivalità delle città di Hieraconpolis e di Naqada. In questa ipotesi, le due dee tutelari dell'Alto e del Basso Egitto, l'avvoltoio Nekhbet e il serpente Wadjet, simbolizzerebbero, in origine, l'aridità del deserto (l'avvoltoio) e la paludosa regione del Delta unita alla fertile Valle (il serpente). Una recente tesi di J. Baines sostiene che il potere si arroga la manipolazione del divino: l’accesso agli dei diviene dovere e privilegio della cerchia di chi sta intorno al potere.
A fronte di tante ipotesi, seppur fondate, è certo che l’origine degli dei egizi si perde nella lontana preistoria. Benché i primi documenti iconografici, in particolare le palette per belletti (tipo quella di Narmer), indichino la preminenza delle forze animali (toro, falco), sin dall'inizio del periodo storico si assiste a un processo di “antropomorfizzazione delle potenze”. Sotto la III dinastia gli dei hanno ormai nell'insieme l'aspetto che conserveranno per tutta la storia egizia. Le forme puramente umane, per esempio Ptah e forse Min, appaiono più antiche delle forme miste in cui un corpo umano si unisce a una testa animale, le quali appaiono soltanto verso la fine della II dinastia (Horus). A parte questi esempi, però, non è mai possibile stabilire l’antichità delle divinità che appaiono nei documenti scritti delle prime due dinastie.
Fine