Scheda 9
Misure e Pesi
Sin dalle prime dinastie la civiltà egizia sviluppò un efficace sistema di pesi e misure. L’avanzata architettura e l’evoluta società imponevano precisi metodi di misurazione al fine di poter operare correttamente nelle evolute attività artigianali ed amministrative. Fu così che sin dagli albori della loro storia, gli antichi egizi s’ingegnarono per sviluppare sistemi di misura adatti ad affrontare con rigore tutte le necessità imposte dalle innumerevoli attività svolte.
Metrologia
Date le grandi opere architettoniche fu inevitabile per gli antichi egizi inventare un metodo efficace di misurazione delle lunghezze. Per tale scopo, gli abitanti della Valle del Nilo giunsero alla creazione del cubito, derivato direttamente dalla lunghezza dell’avambraccio, precisamente dal gomito alla punta del dito medio. Dai primi tentativi di concepire un metodo univoco di unità base, si passò ad una misura standard, direttamente connessa alla misura riferita all’avambraccio, che costituì l’unità di lunghezza fondamentale: il Cubito Reale, lungo 523 mm. Con esso, finalmente, fu disponibile uno strumento univoco per misurare le lunghezze, senza possibilità di equivoci generati dalla poco precisa, perché individuale, misura dell’avambraccio. Probabilmente, è durante la II dinastia che si giunse al definitivo cubito reale, in egizio “meh niswt”, lungo 523 mm e suddiviso in 7 palmi (schesep) o 28 dita (djeb’a).
Come dimostra il campione rinvenuto a Deir el Medina nella tomba di Sennedjem, capo artigiano durante la XIX dinastia, il cubito era uno strumento importantissimo per gli artigiani specializzati, tanto da essere deposto in originale, o riprodotto, nella sepoltura insieme al defunto. Sennedjem avrebbe continuato la sua opera nei campi dell’Aldilà protetto dalle iscrizioni geroglifiche incise sul cubito, riportanti una formula di offerta per il dio Ptah che recita “ ... a lui accordi una bella vita nell'Ovest, acqua fresca, vino e latte, al Ka di Sennedjem vero di voce",
Sulla versione standard del cubito reale, furono creati i sottomultipli ed i multipli, necessari a risolvere problemi di piccole misurazioni o grandi distanze.
Sottomultipli erano il "cubito piccolo", usato soprattutto in edilizia, corrispondente a 6 palmi o a 24 dita, il braccio, il piede, il palmo, la mano, il pugno che sovente erano segnati in forma standard su appositi regoli realizzati in pietra o legno, veri strumenti di misura simili nel concetto ai nostri attuali metri in cui sono riportati i sottomultipli dell’unità fondamentale.
La mole davvero grande di taluni monumenti, nonché la misura di lunghe distanze, richiedeva l’uso di multipli riferiti al cubito reale, pertanto, in architettura e in urbanistica s’introdusse il "khet” o canna, pari a 100 cubiti reali. Esisteva anche un multiplo, “iterw”, specifico per la cartografia e considerato da Gardiner pari a 20.000 cubiti (10,46 Km), anche se per alcuni studiosi tale misura corrisponderebbe a 4.000 cubiti ovvero circa 2 Km, presente anche nella versione "fluviale" corrispondente a 5.000 cubiti (2,615 Km).
L’unità di misura delle superfici era il setshat, equivalente a un khet quadrato ovvero 100 cubiti quadrati, circa 2.735 mq. Vi erano anche i sottomultipli costituiti dal remen pari a 1/2 setshat, l’heseb, 1/4 di setshat e il sa l’equivalente di 1/8 di setshat.
I pesi
Gli antichi egizi per le loro misure di peso adottarono prevalentemente un’unità definita deben, corrispondente agli attuali 91 grammi, e suddivisibile in 10 parti dette kedet o kite. Durante il periodo ramesside era uso distinguere i deben e i kite a seconda che fossero d’oro, d’argento o di rame, al fine di attribuire loro maggiore o minore valore, veri antesignani delle monete di epoca greco-romana. Il deben, sovente era costituito da un filo metallico tagliato nella lunghezza necessaria, secondo il valore più o meno voluto in funzione del peso. Anelli di metallo detti shaty erano usati anch’essi a tale scopo, tanto che alcune illustrazioni riportano scene della loro pesatura.
Le misure di peso erano usate sostanzialmente per scopi commerciali, per le retribuzioni fatte per mezzo di beni naturali o in ogni caso di utilità e, come prevede ogni forma di Stato, per le tassazioni.
I volumi
Di notevole importanza era la misurazione dei volumi, in quanto la tassazione, in genere, era calcolata soprattutto in cereali, pertanto, il metodo prevalente e più intuitivo fu quello di stabilirne il volume. La misura standard base era l’hekat, il “barile”, corrispondente a 4,54 litri e divisibile in sottomultipli. I prodotti liquidi per i quali vi era largo commercio, come la birra, erano misurati in “anfore" di 13 litri, mentre, per quantità molte più piccole, come nel caso dei profumi, si usava lo hin, equivalente a 0,503 litri.
Fine