Scheda 36
La Festa Heb Sed
Uno dei più importanti avvenimenti regali egizi era la festa Heb Sed, introdotta in un momento imprecisato della preistoria più recente, probabilmente nel Neolitico. Il termine "sed" fu mutuato dalla coda di toro, o di leone, simbolo di potenza e attributo di re e divinità. Il nome era riferito anche al dio Sed, la cui forma canide lo associava a Wepwawet, a sua volta connesso ad Anubi.
Nella preistoria egizia, periodo in cui verosimilmente nacque la festa Sed, il re era ucciso quando era troppo vecchio per regnare. Sostanzialmente i motivi che spingevano a tale pratica erano due:
- il primo, di carattere magico-religioso, era dato dal fatto che il sovrano incarnava il Regno (nella preistoria il clan o la tribù), pertanto, ciò che concerneva la sua persona, la sua debolezza, la sua vecchiaia, i suoi mali, si sarebbe riflesso sull'intera comunità.
- Il secondo, più concreto e pratico ma legato al carattere metafisico del punto precedente, era l'impossibilità fisica o psichica per un re troppo vecchio di reggere lo Stato.
La soluzione di uccidere i vecchi re, mediante un rituale preciso, non era pratica esclusiva delle antiche comunità egizie ma caratteristica di molti popoli preistorici, spinti dalla necessità di avere una guida forte e consapevole al fine di evitare disordini e malgoverno, come, in effetti, accadde al termine dei regni, pur gloriosi ma troppo lunghi, di Pepy II e Ramses II finiti nel caos.
L'evoluzione
Dalle origini preistoriche, il rituale di uccidere il vecchio re mutò in quella che divenne a tutti gli effetti la festa Heb Sed: un vero e proprio "giubileo", termine che ancora oggi indica le feste giubilari celebrate dalle moderne monarchie, derivanti, appunto, dall'antico rito egizio ma con ovvio differente cerimoniale e significato.
Senza dubbio l'usanza subì un'evoluzione graduale nella società egizia ma non è chiaro quando si attuò il radicale cambiamento culturale di non uccidere il vecchio capo. E' da notare che già i primi re delle primissime dinastie praticavano il rito evoluto, quello in cui alla morte del re si sostituì la sua "rigenerazione".
Le testimonianze archeologiche inducono a pensare che i riti finalizzati al "rinvigorimento" del faraone fossero lunghi e complessi, praticati in appositi luoghi sacri costituiti da monumenti dalle caratteristiche precise rispondenti al rigido protocollo cerimoniale.
Il rito della festa Heb Sed era sostanzialmente costituito dalle seguenti tre fasi:
- l'incoronazione. Una statua raffigurante il vecchio sovrano veniva sepolta con riferimento al rigenerarsi della sua persona. Il re iniziava la cerimonia vestito con il caratteristico abito della festa Sed, ovvero, un lungo mantello bianco che lo avvolgeva completamente lasciando scoperte solo la testa e le mani. E' da notare come tale abbigliamento somigli molto alla guaina crisaliforme tipica di Osiride. Il legame con il dio dell'Aldilà è peraltro confermato dall'idea di rigenerazione spirituale e fisica dato che in questa fase il re acquisisce "anni per milioni" rigenerando completamente; così, il faraone è di nuovo pronto a regnare con vigore e ricevere le corone dell'Alto e Basso Egitto, rituale svolto simbolicamente su due troni, ognuno posto sotto una cappella adatta.
- Il vigore e l'eredità dinastica. In questa fase apparivano la sposa principale del re e i suoi figli: alludevano all'eredità dinastica del passato sia attraverso la figura della sposa dato che questa svolse sempre un importante ruolo nella trasmissione del potere, sia attraverso i figli, vale a dire futuro.
- L'erezione del pilastro djed. Nell'ultima fase della cerimonia il sovrano erigeva il sacro pilastro djed simbolo di Osiride ma, soprattutto, di stabilità. E' probabile che associando l'immagine del sovrano al dio dell'Aldilà che rinasceva a vita eterna, si alludesse proprio al nuovo vigore del faraone rigenerato e, quindi, in grado di garantire buon governo, stabilità appunto. A dimostrazione della nuova forza fisica acquisita, il re compiva una particolare corsa rituale seguita da una processione per omaggiare le principali divinità del paese che riposavano in apposite cappelle.
Un rito fondamentale
Dagli studi condotti sembra che il "giubileo" si celebrasse la prima volta dopo trent' anni di regno del legittimo sovrano, poi ogni tre. In ogni caso la ricorrenza della festa Heb Sed non era vincolata ad anni precisi, ne sono prova i re coreggenti (governanti con il legittimo faraone) che, forse, celebrarono la festa calcolando gli anni di regno dall'inizio del loro mandato o casi di re come Adjib, il quale, salito al trono troppo vecchio, celebrò il giubileo dopo pochi anni di regno. Il faraone che in assoluto ne festeggiò di più fu Ramses I che arrivò a celebrare 14 ricorrenze.
Uno degli scopi della festa era quello di impressionare il popolo inducendolo a credere realmente nella rigenerazione del sovrano. Pertanto, ogni sforzo era profuso nell'allestire un giubileo che fosse il più sfarzoso e solenne possibile, ciò è testimoniato dai reperti che mostrano processioni, araldi che portano stendardi e abbondanti offerte nonché resti di strutture appositamente realizzate.
Una chiara testimonianza archeologica in tal senso ci viene dal sito di Saqqara riferito a re Djoser, edificato proprio in funzione delle particolari esigenze della festa Sed.
Le complesse strutture che comprendevano le cappelle, le così dette Case del Nord e del Sud, il palco reale con i padiglioni per i due troni, le particolari costruzioni dalla forma a "D", talvolta accostate formanti un 8 oppure in numero di 3 o di fronte ad altre analoghe e speculari nel chiaro intento di simbolizzare le due parti del paese, erano edifici simbolici progettati e realizzati per la rigenerazione del sovrano.
Sovente tali costruzioni delimitavano l'area della corsa rituale che il re era chiamato a compiere, area segnalata anche da particolari cippi, vere e proprie pietre di confine simboliche di tutto il Regno. Pertanto, il Faraone simulava la corsa per tutto l'Egitto ma anche per l'intero universo (di sua proprietà), essendo egli divino. In epoca predinastica e nelle primissime dinastie, con molta probabilità la corsa era effettuata da prigionieri, come testimoniano le raffigurazioni della mazza di Narmer in cui tre prigionieri corrono fra gli altari della festa: in piena epoca dinastica tale rituale fu direttamente eseguito dal re o da un suo rappresentante.
Ad ogni giubileo erano emessi oggetti commemorativi che cambiarono in ogni epoca, come testimoniano i reperti. In età Thinita proliferarono palette, placche e vasi ma con il tempo seguirono statue e monumenti commemorativi fino alla probabile svolta attuata da Djoser, nel cui complesso funerario la maggioranza delle installazioni furono create per la festa Heb Sed.
Fine