Scheda 37
Il Cartiglio
Sovente, cartiglio è interpretato come "cartello", in realtà, il termine è mutuato dal francese "cartouche" con riferimento alle cartucce, in modo particolare ai sacchettini di polvere da sparo in uso nei secoli scorsi. Gli egittologi adottarono tale termine per via della somiglianza del contenitore pirico con la forma oblunga dell'iscrizione egizia. Ciò può apparire singolare ma va ricordato che le prime grandi spedizioni scientifiche nella terra dei faraoni furono opera dell'esercito napoleonico che, tra l'altro, rinvenne la celebre stele di Rosetta. Fu proprio grazie alla scoperta dell'iscrizione trilingue che Champollion si rese conto dell'importanza fondamentale delle "cartucce" nell'interpretazione dei geroglifici. Il padre dell'Egittologia era arrivato ad isolare alcuni simboli verificandone il significato in varie "parole", giungendo alla traduzione dei misteriosi geroglifici grazie alla decifrazione del nome di Tolomeo V racchiuso in un cartiglio.
Un anello di vita
In contraddizione al nome "occidentale" di cartuccia, per gli antichi egizi, il cartiglio era simbolo di vita. Al suo interno, infatti, era scritto il nome del faraone, dispensatore di vita e prosperità.
"Shenw" era l'espressione egizia che indicava il cartiglio, termine la cui radice era sheni, ovvero, "circondare". E' chiaro il riferimento al sole perché questo era shenett, il disco solare. Siamo in presenza del più classico simbolismo riferito al sovrano: il sole, appunto! Il cartiglio, tramite la simbologia circolare della tipica corda annodata che lo costituisce, indicava la forza, la vita e la luce dell'astro diurno, ed il nome del re era lì inscritto. Questo simbolismo della corda che racchiude è da interpretarsi anche come "tutto ciò che circonda il sole", in altre parole la terra e l'universo di cui il faraone ne era la centralità. Massima espressione di tale concetto si ebbe nel Nuovo Regno in cui, sovente, i sarcofagi furono scolpiti a forma di cartiglio, come quelli di Tuthmosis III e Hatshepsut: il corpo si fonde per l'eternità con il sole.
Va ricordato che il cartiglio circondava esclusivamente solo il nome del re ma a partire dalla XVIII dinastia, in rari casi, furono inscritte anche spose reali o adoratrici di Amon. Dalla XIX dinastia, occasionalmente, il cartiglio fu anche definito dal termine menesh.
L'evoluzione
I primi cartigli erano di forma circolare e a noi, purtroppo, sono giunti pochissimi esempi di tali modelli. Il più antico risale alla III dinastia ed è presente nella piramide di Djoser ma solo come simbolo in forma di corda annodata in cui appare a seguito di Nubti, un nome della titolatura reale del sovrano. Nella IV dinastia, Snefru indica il suo nome all'interno di un cartiglio dalla forma allungata ed ecco attuata l'evoluzione: dall'anello alla forma "ovoidale" in cui inserire il nome del sovrano, nel caso di Snefru il suo quarto titolo reale. La "cartuccia", quindi, si allunga per l'esigenza pratica di inserire il nome del re all'interno di un simbolo divino riferito al sole. Ciò, non è per niente banale se si pensa all'importanza del nome per gli antichi egizi. Snefru ponendo il suo titolo in shenw s'identifica con l'astro diurno, rimarcando la sua divinità. Una curiosa considerazione da farsi è sull'evoluzione del cartiglio, simbolo solare, ai tempi delle prime famose piramidi anch'esse entità legate sole. Con Djoser si ha la prima piramide, quella a gradoni di Saqqara, ed il cartiglio circolare; con Snefru siamo già alle gigantesche costruzioni dalle pareti lisce, nella loro massima espressione, ed il cartiglio è totalmente allungato nella sua forma definitiva.
Dalla V dinastia i sovrani si fregiarono anche del quinto e ultimo titolo reale, anch'esso inscritto nel cartiglio: da questa dinastia in poi, gli ultimi due nomi del re saranno circondati dalla corda solare, dispensatrice di vita e forza per il faraone.
Nella sua forma comune il cartiglio è molto geometrico e ben stilizzato, proprio nel tipico stile artistico egizio ma, in rari casi, appare anche con la corda raffigurata nel dettaglio o doppia, come per il faraone Sahure della V dinastia.
L'importanza del nome
Fino ad ora si è analizzato il cartiglio vero e proprio, quello "ovoidale" classico dalla forma allungata.
Si può affermare che vi fu la nascita di un nuovo simbolo solare ben definito, il cerchio di corda ma il fatto di inserire il nome reale al suo interno è eredità dell'epoca protodinastica.
In tale periodo i sovrani della dinastia zero, i "Seguaci di Horus", ponevano il loro primo nome in una cornice rettangolare detta serekh. Questa particolare usanza evidenziava la supremazia del faraone e la sua divinità. Il serekh era decorato riproducendo le forme del palazzo reale o della tomba a mastaba destinata al sovrano, simile nello stile alla dimora terrena.
La forma del serekh era precisa: la parte sottostante raffigurava la facciata del palazzo reale, mentre la parte alta raffigurava la vista in pianta dell'edificio ed in essa vi era scritto il nome del re, designato "Figlio di Horus", sormontato dal falco divino. Possiamo già cogliere gli elementi che porteranno alla nascita del cartiglio:
1. la centralità della figura del re.
2. Il sovrano figlio di Horus.
3. La conseguente connessione solare.
Retaggi
Di notevole interesse è anche la somiglianza dello stile a "facciata di palazzo" riprodotto nel serekh, sviluppato dalla civiltà egizia nel protodinastico, con l'affine stile decorativo delle dimore dei capi dogon in Africa Occidentale. Tale aspetto, che può apparire alquanto insolito e casuale, è una delle prove che indicano l'origine sahariana della civiltà egizia. Gli ultimi studi dimostrano, infatti, che la culla dell'impero faraonico è da ricercarsi in quelle popolazioni che millenni prima di Cristo abitavano nella fertile zona che adesso è occupata dal deserto del Sahara. Le genti lì insediate si dispersero nel continente africano alla ricerca di territori abitabili lontano dalla siccità; portarono un comune bagaglio culturale, origine della somiglianza.
Fine