Scheda 43
L'Ankh
Uno dei simboli più noti dell’antico Egitto, se non il più noto in assoluto, è l’Ankh, la "croce o chiave della vita" la cui origine è fatta risalire al Primo Periodo Dinastico.
Nella sua struttura l’Ankh è costituito da una "croce" in cui, all’altezza dell’elemento orizzontale, è posizionato un anello allungato a forma di goccia. Tale simbolo geroglifico indica "la vita" o "il soffio vitale" sia nella scrittura corrente dove il significato è generico, sia nelle raffigurazioni religiose e simboliche dove il significato acquista valore di natura divina dell’esistenza, generalmente riferita ai sovrani in segno di vita eterna.
Solo ipotesi
L’oggetto raffigurato dall’Ankh non è stato identificato con certezza. Si potrebbe trattare di una cinghia per sandali come proposto dall’egittologo Alan Gardiner in cui, nella calzatura in questione, un laccio a forma di goccia girava intorno alla caviglia mentre la parte verticale era attaccata a una suola. Data la radice comune tra la parola egiziana "sandalo-nkh" e "ankh" Gardinier associò il simbolo ai lacci e, per estensione, i sandali rappresentavano parte della vita quotidiana degli egizi, pertanto, l’Ankh divenne il simbolo della vita: teoria questa, mai ampiamente accettata.
Altra ipotesi è quella avanzata dall’egittologo Wallis Budge il quale associò la forma dell’Ankh alla fibbia della cintura della dea Iside il "Tjet-il Nodo di Iside", elemento cerimoniale che si pensava rappresentasse i genitali femminili, ovvero, la fertilità.
Questa ipotesi è considerata più attendibile data la similitudine tra Ankh e Tjet e l'uso di entrambi i simboli in riferimento alla vita intesa come fertilità. Inoltre, è ben noto il legame indissolubile tra Osiride ed Iside quali dispensatori di nuova vita divina attraverso la nascita del nuovo Horus, il Sovrano divinizzato. In ogni caso anche questa rimane supposizione.
Gli antichi egizi credevano che l’esistenza terrena fosse solo la componente di una vita eterna ed in questo senso l'Ankh simboleggiava entrambe, l'esistenza mortale e la vita dopo la morte.
Diffusissimo ed indossato come amuleto era un potente simbolo, spesso associato a Djed e Was, altri elementi che si ritrovano nella moltitudine di dipinti ed iscrizioni legate alle divinità.
Aria e acqua
Nel simbolismo, l’Ankh ha carattere puramente divino quando è rappresentato nei rituali dove le divinità porgono il simbolo sacro proprio ai sovrani, rimarcando la natura divina dei re. Numerose sono le raffigurazioni in templi e tombe in cui l’Ankh è posto alle narici del defunto al fine di infondergli il "soffio della vita", l’aria e il respiro necessari all’uomo per vivere.
L’Ankh era anche legato all’acqua, come testimoniano le numerose scene di purificazione in cui le divinità versano sul re Ankh contenuti da vasi rituali. In questo caso il simbolo sacro ha funzione purificatrice, condizione necessaria alla vita eterna.
Di conseguenza, il sovrano defunto riceveva purificazione e soffio della vita ai fini dell'immortalità, rimarcandone la natura totalmente divina dato che il sovrano era accolto nell’aldilà proprio dagli dei in quanto divinità terrena.
E’ interessante notare come morte in egizio corrisponda a "wehem ankh-ripetere la vita" e questo aspetto rigenerativo era spesso rimarcato nei templi funerari di re e regine in cui Amon era venerato considerando il suo aspetto rigenerativo. Si esaltavano gli infiniti e ripetuti poteri di fertilità del Dio grazie ai quali il defunto riceveva sempre nuova vita e, per estensione, immortalità sull’intera sepoltura o necropoli.
L’Ankh, con il nome di crux ansata, fu adottato anche dai Cristiani Copti nel IV secolo, sempre in relazione al concetto di vita eterna, incluse le successive evoluzioni stilistiche e interpretative nei secoli a venire.
Fine